Ogni anno si ripete sempre la stessa cosa. La prima luminaria di Natale che appare in città mi provoca una fitta intestinale, una colite spastica al sapor di cannella e chiodi di garofano.
Frotte di assatanati invadono ogni interstizio di questa città alla ricerca della loro felicità e soddisfazione. Con il passare degli anni, la mia misantropia è peggiorata e a Natale – nel tentativo di essere anche io buona come un bel panettone farcito – pur sforzandomi di apparire normale e felice ringhio all’infinito. È trascorso un anno esatto da quando vi ho consigliato di regalare un modello 3D di clitoride e spero che alcuni di voi mi abbiano ascoltata e fatto i compiti per casa. Per rispettare questa consuetudine allora vorrei parlare di uno dei regali più belli che abbia mai ricevuto.
Jeff Koons Leone Leonardi I di Sassonia è un cagnolo biondo dall’animo spensierato, il mio cane peyote mi ha trovata e io l’ho raccolto dalla strada e trapiantato in casa. Ho sempre ritenuto questo incontro non casuale, ho sempre pensato che qualcuno me lo avesse inviato per darmi dimostrazione pratica di cosa sia la legge del contrappasso. Refrattaria ad ogni contatto fisico ho sopportato in silenzio leccate di mano, alitate terapeutiche sui piedi, nasate umide dietro le orecchie e condivisione di peli. Il mio ancestrale pudore nel mostrare i sentimenti si è scontrato con due occhi di bue lacrimosi che mi hanno sempre cercata e implorata di amore eterno. Un animale domestico serve anche ad addomesticare noi umani perché l’amore incondizionato che ci regala, si sa, prima o poi fa breccia anche nei cuori più resistenti. Ma guardiamone anche l’aspetto positivo, un cane permette di attraccare con grande facilità, è una scusa migliore del vado a buttare la spazzatura, abitua i più giovani alle responsabilità e sostituisce, nelle peggiori delle ipotesi, compagni e compagne nell’elargizione di affetto e amore.
Il mio cane, alcuni anni fa, per attirare la nostra attenzione ha fatto finta di essere zoppo; considerato ferito mortalmente è stato scoperto zompettare come un capretto in terrazza, fulminato con lo sguardo non ha avuto più il coraggio di insistere nella sua zopperia. Ha subìto un primo trauma quando mio figlio Marcello, nello svolgimento di un compito a casa di chimica, ha fatto esplodere il vaso dentro il quale lui si scialava al sole ma ne ha subìto un secondo dal quale non si è mai ripreso. È difficile condividere l’oggetto del nostro amore a causa di un retaggio culturale che ci spinge a monogamie impossibili ed è così che a causa di una gelosia asfissiante nei miei confronti, Jeff Koons Leone Leonardi I di Sassonia si è trasformato in Jeff Lamento. A causa di un tic personale, infatti, ho raccattato anche una cagnola, Nica la pazza e una gatta squilibrata che ci odia (il suo soprannome non posso dirlo ma solo accennarlo gatta m***a). Penserete che sono esagerata e che una gatta non possa odiare la persona che l’ha salvata da morte sicura, raccolta da un cassonetto, nutrita con una siringa, lavata, curata e spulciata. Invece gatta M. ci odia, arcigna ci guarda tutto il giorno in cagnesco e ci cerca esclusivamente per mangiare. Patti chiari ed amicizia lunga, si dice. La mia ostinazione e la mia passione per ogni caso umano, in generale, ha creato questa commistione tremenda di caratteri che vivono tutti sotto lo stesso tetto nel vano tentativo di trovare equilibri e compromessi.
La seconda volta che ho visto Jeff Koons in Lamento zoppicare è stato due mesi fa. A dire il vero ho sperato fino alla fine che si trattasse di una sua performance e che sarebbe apparso, zompettante, convinto di non essere visto. Ma questa volta non è andata così. La mattina riusciamo ad arrivare al chiosco di piazza Corsica dove posteggio Jeff Lamento lo Zoppo di fronte la statua di Padre Pio mentre bevo il caffè con Nica la pazza, sperando che arrivi la grazia e che accada il miracolo. Visti i miei trascorsi da eretica credo di essere direttamente responsabile di questa antipatia e indifferenza che i Santi ci mostrano. I ragazzi del chiosco sanno che dopo il caffè arriva il bicchiere d’acqua per il malato, io ne bevo giusto un sorso. Il nostro rito mattutino quindi consiste in un caffè lungo per me e un bicchiere d’acqua frizzante per Jeff. Ogni trenta passati ci sediamo a guardare la strada, queste soste forzate sono diventate occasione per fare quattro chiacchiere, gli racconto di quando l’ho catturato, di quando abbiamo accolto Nica la pazza. Jeff mi guarda con un occhio velato e si gira dall’altro lato, un vecchio rancore evidentemente non del tutto superato, ogni tanto mi rivolge uno sguardo severo come quando lo spingo per attraversare più in fretta. Abbiamo rischiato di morire stirati sotto una macchina più di una volta e se da una parte comprendo il suo desiderio di farla finita, dall’altra ho pur sempre un figlio da mantenere e crescere. Ho capito che con due carezze ben assestate Jeff fa circa dieci passi, un modo tutto suo di vendicarsi della mia passata e dimentica anaffettività. Così passiamo le nostre giornate, tra analisi, ecografie, pellegrinaggi al bancomat e scambio di sospiri. La sera tutto diventa più complesso evidentemente anche i cagnoli avvertono la pesantezza delle tenebre e tutto assume il color depressione.
Per renderci la vita più divertente ho improntato un campeggio volante, ho dormito zampa nella zampa per qualche notte, ho sperimentato tecniche di rilassamento canino tra canti e massaggi, mi sono stesa per terra a stretto contatto con il mio cane che sembra ormai una lucertola. Una lucertola con il pelo simile ai capelli di Claudia Schiffer però. Nel tentativo, infatti di alleviare questa misteriosa malattia che sta rosicchiando il mio Jeff sotto gli occhi increduli di tutta la famiglia, ho iniziato ad aggiungere al suo pasto semi di lino, creme di sesamo, curcuma e pepe. Il risultato è sorprendente, di zoppicare zoppica sempre, di dimagrire dimagrisce come prima ma ha una chioma invidiabile. Il mio cane morente si addormenta sul palmo della mia mano, regalandomi momenti di conforto e dolore a cui non è facile sottrarsi. Ritengo che regalare un animale per Natale sia la scelta giusta ma da ponderare, ogni essere vivente si spegne, si spegne nonostante i semi di lino, l’amore, le passeggiate e i bicchieri d’acqua frizzante. Ogni essere vivente che ci lascia potrebbe ricordarcene un altro che lo ha preceduto, rinnovando così dolori e riaprendo ferite dimenticate. Nonostante tutto sono felice di averti incontrato, Jeff Lamento, appartieni anche tu a questa bella d’erbe famiglia e d’animali come diceva mia madre, a te dedico questo prematuro epitaffio natalizio.
Buon Natale a mio padre, Irene, le Erbematte, mio figlio Marcello fondamentali per sopravvivere a questa crisi prenatalizia e soprattutto a Roberto il Troglo che riesce, con discrezione, a sostenermi. Questa è la vita. Auguri a tutti voi.
Bau
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