«Dalla Sicilia traggo i colori definiti, forti come forte è la luce del sole qui da noi. Della nostra terra i nostri abiti mantengono le sensazioni tattili collegate alla natura possente che domina su tutto, al mare infinito, alle antiche dimore nobiliari. Qui sono sognati, pensati, selezionati, assemblati, cuciti, rifiniti i nostri abiti. Mani sapienti portano alla luce capi che mantengono vive le nostre tradizioni artigiane, il fluire del tempo, i ricordi di un nobile passato».
Dalle parole della stilista – originaria di Milazzo – Cettina Bucca si evince il suo amore per l’Isola, per «la sua gente dal sorriso cordiale, per la grande apertura e disponibilità di ciascuno e per la genialità dei luoghi» che si tramuta poi in un gioco lieve di colori e contrasti, dove piante e fiori dei campi primaverili siciliani diventano materia viva per stampe e texture. Sartoriali tutti i suoi capi che esaltano la percezione delle forme, le sensazioni tattili, il movimento impalpabile del corpo e che prendono spunto «dalla filosofia steineriana in cui tutto si esprime attraverso il colore veicolato dall’acqua». Ma il brand, nato nel 2010, si lascia catturare anche dalle vibrazioni derivate dalla floriterapia che «utilizza gli effetti che taluni fiori, con i loro colori e le caratteristiche strutturali e comportamentali, hanno sulla nostra parte più profonda: l’anima». Ciò che ne deriva è una sensualità sussurrata, fatta di abiti che non risentono della stagionalità, pronti a diventare un continuum tra colori, emozioni ed elementi della terra.
Da biologa a fashion designer. Quando ha capito che era il momento di cambiare rotta? Che la sua passione da bambina doveva diventare un lavoro?
«Le due professioni sono sempre state fortemente legate tra di loro dentro di me e, anche se è strano a dirsi, mi sembra abbiano parecchi elementi in comune: attingere dalla natura, dai suoi colori, dalle forme perfette che ci circondano, studiare tecniche alternative di produzione che si intersechino con quelle di un tempo, coniugare storia e contemporaneità. Non ho mai cambiato rotta: semplicemente in maniera graduale mi sono spinta sempre più in là, verso un sentiero che considero naturale e consono alla mia natura di “ricercatrice”».
Come ha cominciato a disegnare figurini di moda? Dove e come ha imparato?
«Ho sempre disegnato abiti e creato bozzetti di ogni tipo. Diciamo che non ho mai smesso di farlo. Una decina di giorni fa ho ritrovato un libretto di disegni che si riferiva ad un periodo molto lontano: avevo nove anni. Ho imparato osservando l’esterno, le figure che avevo intorno. Mi hanno sempre incuriosita le persone che si muovono vicino a me, la variabilità dell’umanità si mette inconsapevolmente in mostra snodandosi in un convulso muoversi di corpi, nei gesti più pacati oppure affrettati, nel fondersi tra loro».
Ha affermato che “adora mettere insieme forme, colori e stampe, l’emozione sempre nuova che si prova a creare un abito per la persona unica e speciale che ho davanti”. Da cosa si lascia ispirare per la progettazione di una collezione moda?
«L’ispirazione può arrivare da un sogno, da un suono, da una parola sentita per caso. Mi ispirano molto i libri che leggo, le sensazioni che provo in certi periodi, i collegamenti che faccio dentro di me tra cose totalmente differenti. Mi faccio ispirare da ciò che mi circonda, dall’aria che tira in quel certo momento magico… ».
Quanto è importante il mercato italiano per lei, e quali sono i mercati cui guarda con più interesse?
«Il mercato italiano è quello a cui aspiro di più, perché credo che sia bellissimo riscontrare successo nella piccola penisola con un brand rigorosamente Made in Italy. Dopo aver fatto questo primo passo, mi piacerebbe approdare in mercati d’avanguardia e in questo momento penso che possano essere la Germania, l’Olanda, la Finlandia, la Nuova Zelanda e l’Australia».
A suo avviso è ancora possibile fare puramente la stilista che si occupa di realizzare le proprie visioni? O per ritagliarsi una fetta nel comparto moda oggi bisogna essere anche un po’ manager e donne d’affari?
«La risposta giusta sarebbe sicuramente che dovremmo essere nello stesso tempo l’uno e l’altro e noi donne siamo capaci di abbracciare tutti questi ruoli e tanti altri ancora. Tuttavia, sento di appartenere a quella categoria che pone ancora al centro della propria vita, come necessità interiore, il perseguimento di un ideale puro e per questo seguo essenzialmente la creatività. Lascio poco spazio agli altri compartimenti. Vorrà dire che, se succederà, mi farò spazio nel mondo della moda attraverso un canale differente. Credo che ci sia sempre spazio per i sognatori».
Nella linea che porta il suo nome si trovano long dress e completi dalle tonalità vivaci, stampe ricercate e uniche, creazioni che riportano alla sartorialità e alla ricerca del capo unico in contrasto con la moda mass market. Chi è la sua cliente tipo?
«L’abito se è quello giusto, seduce chi lo indossa, non certo chi lo guarda, cosa che avviene in un momento successivo. L’abito racconta il suo sentire, lo stato emotivo, i valori con cui s’identifica. Prima ancora di completare un capo, mentre disegno il modello, scrivo un piccolo racconto, divertendomi a descrivere le caratteristiche psicologiche della donna che si calerebbe in esso con naturalezza e con desiderio. La immagino in azione, la vedo camminare, muoversi, la riconosco dall’espressione del volto, da come gesticola, sono dentro di lei e, in un’immedesimazione totale, provo le sue possibili emozioni. Ogni modello, una donna diversa».
Quali sono i suoi progetti per i prossimi mesi? A cosa sta lavorando? Sogni per il futuro?
«Cerco di “sfruttare” il più possibile il “qui e ora”, anche se nella moda questa consapevolezza è difficilissima per via delle corse che si è costretti a fare nel presentare le collezioni in tempi sempre più ristretti. Sto preparando la collezione SS 2018 che s’ispira alla leggerezza come valore eterno in contrapposizione alla “materialità” dei componenti fondamentali della nostra terra, tanto forti quanto è forte e radicata la struttura dei siciliani. Mi piacerebbe occupare un posto, nel quale noi donne possiamo permetterci di agire così come desideriamo, senza schemi mentali predefiniti, senza linee già tracciate da altri. Se questo dovesse accadere, sarebbe davvero bello. Sarebbe il trionfo dell’unicità di un sogno divenuto realtà».
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